domenica 26 giugno 2011

HAITI: MA QUALE RICOSTRUZIONE

Un anno e mezzo dopo il sisma che l'ha rasa al suolo ad Haiti la ricostruzione non è ancora ripartita. Milioni di dollari sono stati stanziati ma per gli haitiani l'incubo continua. Controverso un rapporto pubblicato da Usaid

Un controverso rapporto dell'Usaid di qualche settimana fa mette in discussione i numeri relativi al sisma che sconvolse il Paese nel gennaio 2010. Numeri che sono in netto contrasto con quelli che il mondo ha avuto modo di conoscere fino a oggi.

Secondo Usaid, infatti, il numero di morti causati dal sisma sarebbe molto inferiore ai 200/250mila dichiarati dal governo Preval (in carica durante i concitati momenti post sisma) e si attesterebbe fra i 60 e gli 80 mila . Non solo. Sarebbero solo poche migliaia, sempre secondo Usaid, le persone che attualmente vivrebbero nelle tendopoli allestite dalla comunità internazionale. Poco più di 630 mila quelle dichiarate dall'attuale amministrazione. Ma perchè una battaglia sui numeri? Forse, come sostengono a Port au Prince per speculare sugli aiuti umanitari arrivati subito dopo il sisma.

"Dire oggi quanto sia il denaro contante che è arrivato a Haiti è praticamente impossibile. Dire anche se questo denaro sia stato distribuito, e a chi, per iniziare la ricostruzione del paese è altrettanto difficile. La ricostruzione haitiana non ha avuto un momento in cui è iniziata. Almeno io non me ne sono mai accorto", dice R. professionista haitiano vicinissimo alla popolazione e alla società civile che soffre e che da mesi è sotto minaccia di qualche gruppo ancora non definito, infastidito dalla sua attività in favore della ricostruzione del Paese e che spesso è costretto a riparare all'estero per mettere al sicuro se stesso e la sua famiglia.

"Non ci sono notizie in merito ma sarebbe stato studiato un programma per iniziare i lavori di ricostruzione del sistema scolastico. Essendo andato tutti in frantumi dopo il terremoto del gennaio 2010 bisogna mettersi di buona lena e ricostruire le strutture crollate. Ma non basta. Bisogna ricostruire il corpo docente che ha subito perdite pesanti a causa del sisma. E ancora non basta; bisogna ricostruire le strade che portano alle scuole e la rete di servizi che le rendono fruibili: mensa, area ricreativa, classi dotate di computer e laboratori. 

Mi chiedo e chiedo alla comunità internazionale: come è possibile che sia così lenta tutta la macchina della ricostruzione? Di chi è la responsabilità di tutta questa lentezza? A chi si devono appellare i miei concittadini? Io adesso mi sento un po' colpevole di non essere lì con loro. Non posso stare in città perché con le mie azioni in favore dei più deboli devo aver pestato i piedi a qualche gruppo criminale. Di fatto, però, quello che posso dire con certezza e che le giornate proseguono come prima. Tutti alla ricerca di un modo per arrivare a fine giornata con un piatto caldo da dare ai figli. Questo è davvero l'unico pensiero che in questo momento attraversa la mente del 90 percento dei cittadini haitiani. Per quanto riguarda la ricostruzione invece, io sono pronto a scommettere che se mi telefoni fra due anni sarò ancora qui a raccontarti le stesse cose di oggi. Haiti è un paese morto da decenni".

domenica 5 giugno 2011

PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI IMPARIAMO A CONTARE SU NOI STESSI

"Secondo le stime dell'Agenzia Internazionale per l'Energia nel 2010 le emissioni di CO2 hanno raggiunto un livello record, sorpassando del 5% il precedente record del 2008. Si tratta di una grave inversione di tendenza, legata alla ripresa dei consumi post crisi economica, che costituisce una forte battuta d'arresto nella lotta contro i cambiamenti climatici". 

  
Nel 2010 le emissioni di CO2 hanno raggiunto un livello record

Se qualcuno aveva delle perplessità sul fatto che la crescita economica abbia responsabilità sul rapido avvio della terra verso il grill finale, gli ultimi drammatici dati sui cambiamenti climatici tolgono ogni residuo e vano dubbio. E siamo solo all'inizio della fine, perché abbiamo paesi come India e Cina di oltre due miliardi e mezzo di persone che vogliono assolutamente entrare nel novero dei paesi dei balocchi e ne hanno tutto il diritto anche se significa avere il 'privilegio' di autodistruggersi velocemente. Nei prossimi dieci anni a livello globale è previsto un aumento della classe media di un miliardo di persone. 

Siamo già messi disperatamente ora, cosa succederà in dieci anni con un miliardo di persone che avranno la macchina, tutti gli elettrodomestici che abbiamo noi, due cellulari a testa, la tv al plasma, gadget, imballaggi per ogni scemenza, montagne di oggetti di plastica e diavolerie a non finire? 

Sostanzialmente è assai facile prevedere nel giro di pochissimo tempo il mondo come una immensa discarica in preda a sconvolgimenti climatici inarrestabili. Ma non dobbiamo preoccuparci, ci penseranno i governi a risolvere la situazione, quegli stessi governi che continuano a dirci che dobbiamo crescere, cioè aumentare la temperatura del grill. Qualcuno ci dice che dobbiamo crescere green, ma sono specchietti per le allodole e comunque la problematica non cambia granché. 

La crescita economica sta trasformando il Pianeta in una immensa discarica
Crescere green è una contraddizione in termini così come passare ad una macchina che diminuisce un po' i suoi consumi ma allo stesso tempo centuplicare il numero delle macchine in circolazione e quindi il vantaggio del minore consumo va a farsi benedire. E se si aumentano i consumi perché si deve crescere, anche ragionando in un ottica green, quanti miliardi di pannelli fotovoltaici dovremmo produrre con quali risorse, con quale energia, per tenere dietro alla crescita green? Quante merci 'green' dovremmo produrre per saziare la voglia di miliardi di persone di circondarsi di oggetti per riempire il vuoto esistenziale

Ogni summit, ogni conferenza internazionale sui cambiamenti climatici è un flop e non può che essere così dato che prima di tutto viene la crescita. In ogni caso anche volessero agire, i governi hanno tempi di reazione vicini alle ere geologiche, sia perché non ci arrivano proprio essendo scollegati dalla realtà, sia perché sono in grandissima parte espressione di profitti e interessi di pochi che sono contrari al reale benessere delle persone e alla salvaguardia dell'ambiente. 

Se non fosse così, tanto per fare uno degli infiniti esempi possibili, non appena accaduti i disastri di Chernobyl o Fukushima ci sarebbe dovuta essere una moratoria mondiale sul nucleare e visto il pericolo immenso, tutti gli Stati avrebbero dovuto mettere immediatamente fuorilegge le centrali e instaurare ogni misura e intervento per sostituirle. Dati i rendimenti ridicoli delle centrali e quanto poco producono globalmente a livello energetico, sarebbe compito assai facile. 

Invece no, di fronte alla catastrofe, alla minaccia del pianeta che tutt'ora incombe perché a Fukushima la situazione è tutt'altro che risolta, non succede sostanzialmente nulla. Qualche frenatina, qualche attesa di tempi migliori, qualche singolo Stato che si pone il problema e con molta calma, forse, ne uscirà fra un tot di anni. 

Crescere come intendono i nostri governi significa suicidarsi e devastare l'ambiente che ci circonda
Di fronte a tale incoscienza, a tale politica scellerata stiamo ancora ad aspettare che ci pensino i governi? L'unica cosa che potrebbe costringerli loro malgrado ad assecondare un reale cambiamento è una forza potentissima dal basso che cambi radicalmente la situazione. Solo in quel caso, con la paura di perdere potere e privilegi, i governi forse faranno qualcosa ma il vero e unico potere lo ha ognuno di noi, perchè tutto cambia quando ognuno di noi cambia

Sappiamo che si può vivere, alimentarsi, risparmiare e produrre energia, costruire, lavorare, avere socialità e rapporti diversi da quelli che ci dice la pubblicità o ci vuole imporre la crescita, compresa quella colorata un po di green. Quella è la vera stradada intraprendere. Crescere come intendono i nostri governi significa suicidarsi e devastare l'ambiente che ci circonda. La vera e unica crescita che può essere davvero senza fine è quella dell'individuo come persona, della sua consapevolezza, della sua spiritualità, della sua intelligenza, della sua capacità di costruire rapporti e società rispettosi degli altri e dell'ambiente circostante. 

L'altra crescita è follia nella testa di persone che hanno completamente perso ogni umanità e cercano di farci credere con ogni mezzo che ammucchiando merci, soldi, potere, si produca benessere. A questa favoletta sempre meno persone abboccano e i cambiamenti climatici che corrono verso catastrofi irreversibili sono un monito ineludibile. Organizziamoci per resistere, organizziamoci per vivere, contiamo su noi stessi e siamo già tantissimi. Prima che sia troppo tardi. 

Bello lo striscione di Green Peace a Berlino che recitava: "Ogni giorno in più di nucleare è un giorno di troppo". Vista la situazione globale climatica iniziamo da oggi a dire: "Ogni giorno in più di crescita economica è un giorno di troppo".