lunedì 30 gennaio 2012

GALLINE OVAIOLE ANCORA IN GABBIA: L'EUROPA CI METTE IN MORA

Uova da galline in gabbia: in Italia se ne contano chiuse in angusti spazi ancora 20 milioni. Ma avendo noi disatteso le richieste di adeguamento alla Direttiva europea 1999/74, l’Europa dopo averci dato 13 anni di tempo ha deciso di avviare le procedure di messa in mora. In arrivo dunque una bella multa che pagheremo tutti. In sostanza dal 1°gennaio 2012 in tutte le aziende piccole e grandi di allevamento di galline ovaiole sarebbero dovute cambiare un po’ di cose a partire dalle gabbie: almeno 750 cm² di superficie a disposizione di ciascuna gallina, nido, lettiera, posatoi e dispositivi per accorciare le unghie in modo da consentire alle galline di soddisfare i loro bisogni biologici e comportamentali. Gli altri Paesi non in regola sono: Belgio, Bulgaria, Grecia, Spagna, Francia, Cipro, Lettonia, Ungheria, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo e Romania. Noi abbiamo avuto ben 13 anni di tempo per procedere agli adeguamenti. Il Ministro Catania prende tempo e confida nel fatto che la questione debba decantare. Spiega Roberto Bennati, vicepresidente della LAV:

Su 50 milioni di galline ancora detenute nelle gabbie convenzionali in tutta Europa in violazione della normativa UE, quasi la metà, circa 20 milioni di galline, si trovano in Italia: una illegalità pagata sulla pelle di un grandissimo numero di animali. La mancata applicazione del divieto d’uso delle gabbie di batteria convenzionali dal primo gennaio 2012 è grave sia perché la norma europea, la direttiva 1999/74/CE, è nota da ben 13 anni, sia perché a pagarne le conseguenze saranno i circa 20 milioni di animali solo in Italia, costretti ancora in spazi angusti dove non possono né aprire le ali, né appollaiarsi e tantomeno razzolare. Ma questa diffusa illegalità rischia di pesare sulle tasche dei contribuenti italiani, che saranno chiamati a farsi carico economicamente della procedura di messa in mora.

Dunque quando acquistiamo uova stiamo comprando con molta probabilità un prodotto illegale. Come possiamo combattere questo fenomeno? Dirottando le nostre scelte verso uova che hanno in etichetta la dicitura da galline allevate a terra o scegliendo uova provenienti da galline allevate secondo il metodo biologico. Fonte: EcoBlog

domenica 15 gennaio 2012

PERCHE' MENTRE E' COSI FACILE SALVARE E BANCHE, E' COSI DIFFICILE SALVARE IL PIANETA?

Le banche le salvano in una giornata. Ma anche solo per pensare di salvare il pianeta ci vogliono decenni. 

Lord Stern ha calcolato che sistemare il cambiamento climatico costerebbe circa l'1% del PIL mondiale, mentre restare fermi e lasciare che ci colpisca costa tra il 5 ed il 20%. L'uno per cento del PIL equivale, al momento, a 630 miliardi di dollari. Nel marzo del 2009,Bloomberg ha rivelato che la FED [Banca Centrale degli USA, ndt] ha destinato 7,77 trilioni di dollari alle banche. Si tratta solo di un contributo del governo: eppure tale somma equivale a 12 volte il costo annuale del cambiamento climatico globale. Aggiungendo i finanziamenti degli altri paesi la cifra si moltiplica di molto.

Questo sostegno è stato dato su richiesta: appena le banche hanno dichiarato di volere aiuto, lo hanno ottenuto. Nell'arco di un solo giorno, la FED ha reso disponibili 1,2 trilioni di dollari, più di quanto l'intero pianeta abbia messo a disposizione per il cambiamento climatico negli ultimi venti anni.

Tutto si è svolto senza condizioni e anche in segreto: ci sono voluti due anni perché i giornalisti potessero illustrarne i dettagli. Le banche hanno gridato “aiuto” e il governo ha semplicemente tirato fuori il portafogli. E va ricordato che il tutto è accaduto sotto George W. Bush, la cui amministrazione si era dichiarata fiscalmente conservatrice. 

Ma far sì che il governo americano impieghi una qualsiasi forma di aiuto fiscale per il pianeta – anche solo un paio di miliardi – è come togliersi un dente. “Non ce lo possiamo permettere!”, urlano i Repubblicani (e molti tra i Democratici). Rovinerà l'economia! Torneremo a vivere in caverne!” 

Spesso vengo colpito dalla retorica pomposa e selvaggia di coloro che accusano gli ambientalisti di diffondere il panico. “Se questi allarmisti facessero come vogliono, distruggerebbero l'intera economia”: questo è il genere di dichiarazione che si sente quasi tutti i giorni, senza alcuna parvenza di ironia. 

Nessun legislatore, per quanto ne so, è ancora stato capace di spiegare perché ci si può permettere di destinare 7,7 trilioni di dollari alle banche, mentre non è possibile investire cifre molto più basse in nuove tecnologie e risparmio energetico. 

Gli Stati Uniti e le altre nazioni hanno iniziato ad affrontare seriamente il problema del cambiamento climatico nel 1988. Tuttavia, non esiste ancora un accordo mondiale vincolante ed è improbabile che ce ne sarà uno entro il 2020, se mai avverrà. Gli accordi per salvare le banche vengono conclusi senza alcuna fatica nei summit economici, mentre fare progressi nei summit ambientali sembra come usare un asino per trainare un camion di 44 tonnellate. 

Per fare un esempio, il risultato di Durban, dopo imprese sovrumane, è stato migliore di quanto temessero gli ambientalisti. Dopo Copenaghen e Cancun non sembrava plausibile che le nazioni ricche e quelle povere sarebbero mai state d'accordo per creare un giorno un trattato vincolante, ma lo hanno fatto. Questo non significa che il risultato è stato buono: anche se tutto andasse come pianificato, c'è ancora la probabilità che la temperatura si surriscaldi di più di due gradi, il che minaccia molti luoghi e molti abitanti della Terra. 

Il resoconto più chiaro che io abbia letto finora riguardo le negoziazioni e l'esito dell'incontro di Durban è stato scritto da Mark Lynas, che ha partecipato come consigliere del presidente delle Maldive. Egli ha documentato la complessità bizantina del risultato di vent’anni di ostruzioni e tergiversazioni. Quando le nazioni potenti voglio fare qualcosa, lo fanno in modo semplice e veloce. Quando non vogliono, i loro accordi con gli altri paesi si trasformano in un nascondino. 

Ecco alcuni punti chiave: 

  • le negoziazioni più importanti si riducono a una battaglia tra due gruppi: l'Unione Europea, i paesi meno sviluppati e le piccole isole da un lato; gli USA, il Brasile, il Sud Africa, l'India e la Cina dall'altro, cercando di resistere alla pressione. 
  • Il primo gruppo ha avuto in qualche modo successo: le altre nazioni hanno acconsentito a elaborare un accordo vincolante “applicabile a tutte le parti”. In altre parole, diversamente dal Protocollo di Kyoto che regola solo le emissioni di gas serra di un gruppo di paesi ricchi, questo accordo sarebbe valido per tutti, e comunque ciò non significa necessariamente che le nazioni dovranno ridurre le emissioni. 
  • Il primo gruppo non è riuscito ad ottenerlo rapidamente. Le nazioni più povere volevano un risultato legalmente vincolante entro la fine dell'anno prossimo. Ma il gruppo USA-Cina ha spinto per il 2020 e ci sono riusciti. A meno che questa situazione non cambi, limitare l'aumento della temperatura globale a due gradi o meno risulta più difficile, se non impossibile. 
  • Il Protocollo di Kyoto, sebbene rimanga in vigore fino al 2017 o 2020, è ad un punto morto. Di fatto, come suggerisce Lynas, a meno che le ambiguità in esso contenute vengano limitate, potrebbe risultare addirittura inutile, perché potrebbero minare gli impegni volontari che gli stati firmatari hanno contratto. 
  • Le nazioni hanno accordato la creazione di un Green Climate Fund per aiutare i paesi in via di sviluppo a limitare le emissioni di gas serra e adattarsi all'impatto del surriscaldamento globale. Ma con tre eccezioni: la Corea del Sud, la Germania e la Danimarca hanno deciso di non investire denaro nel progetto. Il fondo dovrebbe ricevere 100 miliardi di dollari all'anno: un sacco di soldi, finché non vengono paragonati a quelli delle banche. 
  • Da qui al 2020, possiamo solo fare affidamento sugli impegni volontari dei paesi. Secondo uno studio dell'ONU, queste iniziative mancano dei tagli necessari per impedire un aumento superiore ai due gradi, equivalenti a circa 6 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio. 
  • Ma, pur riconoscendo i traguardi raggiunti dall'accordo di Durban, due gradi sono ancora troppi. Ha aumentato la possibilità di un impegno a mantenere l'incremento sotto un grado e mezzo di temperatura. Questo richiederebbe un programma di tagli molto più rapido di quanto previsto. 
Quindi, perché risulta così facile salvare le banche e così difficile salvare la biosfera? Se per caso ci fosse bisogno di dimostrare che i nostri governi operano negli interessi dell’élite piuttosto che nell'interesse del mondo intero, ecco le prove.

venerdì 13 gennaio 2012

IL DIBATTITO SUL GOLF MUOVE DIFFERENTI POSIZIONI

Per leggere anche la cronistoria del campo da golf e la posizione del Gruppo "AltoGTarda e Ledro bene comune" clicca qui


25/01/2012
Pubblichiamo anche l'articolo dell'Assessore arcense Veronesi che si sbilancia dichiarando che il campo da golf "serve"!




13/01/2012
Abbiamo ricevuto il comunicato stampa di Edoardo Longo appassionato arcense, il quale espone le sue considerazioni in merito al progetto golf per l'Alto Garda; ci sembra corretto darne visibilità e spazio a favore di un confronto il più possibile equilibrato ed equo sulle diverse vedute: 


Leggo sulla cronaca di Arco che si allarga il dibattito sull’opportunità, o meno di realizzare un campo da golf nel Basso Sarca e come sempre in questi casi, si iniziano ad alzare barricate ideologiche che nulla anno a che fare con il bene comune.  Mi chiedo, perché una volta tanto non si pensi solo al bene della nostra comunità, valutando serenamente vantaggi e svantaggi che porterebbe questo benedetto campo da gol.
Provo a farlo prendendo spunto dalle domande poste nel vostro articolo di domenica:
“Che futuro vogliamo , dal punto di vista ambientale, sociale ed economico per il nostro territorio?”
In questo periodo di recessione e licenziamenti credo sia saggio favorire la ripresa economica, economia che nella nostra zona si basa, per buona parte, sul turismo. Una differenziazione della proposta turistica porterebbe maggior impulso a quest’industria e in prospettiva più lavoro, non contando poi i posti creati direttamente dal campo da golf .
Un campo da golf 18 buche abbisogna di una superfice di circa 20 ettari,  non obbligatoriamente spazio pubblico, possono essere terreni privati che,  riconvertiti al golf, acquisterebbero, di fatto, una destinazione pubblica.  Sotto l’aspetto puramente ambientale vale la pena ricordare che nel mondo molti golf sono stati realizzati all’interno di importanti parchi nazionali tutelati da severe norme ambientali, per citarne un paio: Wawona golf course – yosemitepark, California e Golfclub Gastein - Nationalpark Hohe Tauern , Austria.
Sotto l’aspetto economico il ritorno andrebbe valutato sull’intera area del Basso Sarca, un campo da golf aprirebbe le porte a un nuovo segmento di mercato nel turismo,  questa nuovo turismo richiederebbe nuove tipologie di negozi, una riqualificazione degli hotel e dei ristoranti che si tradurrebbe in  opportunità di lavoro non solo per il comparto turistico alberghiero ma anche per tutto l’indotto. Tutto questo porterebbe a un aumento di fatturato e quindi ad un aumento  dei tributi versati che ritornerebbero alla collettività sotto forma di servizi.
L’investimento pubblico dovrebbe limitarsi all’“assistance for the start-up”, intervenendo solo nella fase iniziale dell’avviamento dell’attività ed uscendone gradualmente ad attività avviata, questo darebbe modo alle amministrazioni locali di godere di alcuni privilegi che si potrebbero tradurre, ad esempio, in corsi gratuiti per studenti o prezzi scontati per residenti, dando cosi modo a tutti di godere di questo sport.
Un falso mito è quello per cui il golf è uno sport riservato ai ricchi, un “Green fee” per un percorso a 18 buche costa poco più di uno skipass giornaliero,  l’intera attrezzatura costa meno di una Mountaibike e non è obbligatorio iscriversi ad un Club per avere la tessera FIG e con essa libero accesso a tutti i campi del mondo.
Da non sottovalutare l’aspetto socio/educativo che questo sport esercita sui giovani che vi si avvicinano, buona educazione, il rispetto per la natura e la capacita di confrontarsi con se stessi per migliorarsi.  Tant’altro potrei scrivere a favore di questo sport, ma per non dilungarmi e per far comprendere la filosofia che governa questo sport consiglio la visione del  film di Robert Redford “La leggenda di Bagger Vance “.
Mi auguro con questo di aver contribuito in qualche modo a sfatare alcuni luoghi comuni e mi auguro che in questa occasione il dibattito non scada nella solida sterile contrapposizione ideologica.


Per leggere anche la cronistoria del campo da golf e la posizione del Gruppo "AltoGTarda e Ledro bene comune" clicca qui

lunedì 9 gennaio 2012

IL CAMPO DA GOLF E' QUELLO CHE VOGLIONO I CITTADINI DELL'ALTO GARDA?

Pubblichiamo il comunicato stampa pervenutoci dal Gruppo di Lavoro "Alto Garda e Ledro bene comune" riguardo al progetto sul golf per la nostra comunità. A seguire la cronologia dei fatti negli ultimi anni.

"L'anno nuovo è cominciato con tanta voglia di golf. Maglioncini per ripararci dal freddo? No, le cronache altogardesane tornano a parlare, in questi giorni, delle 18 (e più) buche fra boschi, prati, bunker e laghetti. Una struttura della quale pare non si possa più fare a meno per rilanciare l'offerta dell'industria turistica. Volutamente Immemori dei negativi trascorsi referendum , politici e operatori si rimbalzano la pallina sul "dove", "come" e soprattutto "quando", senza alcun "se". Neanche fossero incalzati dallo "spread" in ascesa: "abbiamo aspettato troppo!". "E' ora di decidere". Pur volendo cogliere positivamente che si parli di campi da golf mentre altrove è solo recessione e licenziamenti, come lista "Alto Garda e Ledro BENE COMUNE" siamo perplessi e ci facciamo (e poniamo) alcune domande, a partire da quella da cui far scaturire le altre: che futuro vogliamo, dal punto di vista ambientale, sociale ed economico, per il nostro Territorio?

Perché solo condividendo una risposta possiamo comprendere da dove e perché arrivano certe proposte. Quanto spazio pubblico e quanta acqua consumerà un campo? Quale ritorno economico, e per chi, a fronte di investimenti pubblici? Quale target potrà usufruire di questo servizio? Veramente il nostro "microcosmo", già così ristretto da eccessi edilizi a fronte di una dotazione naturale così variegata e ricca di natura orografica, potrebbe ospitare grandi spazi necessariamente limitanti, se non agli "iniziati"?
Insomma, l'idea "golf" muove solo da calcoli economici di un solo settore, quello turistico-alberghiero di alto livello, o diverrà "bene comune"?"


Qui di seguito invece potrete visionare la cronologia degli eventi che hanno caratterizzato il difficile e quanto mai controverso tema del golf nell'Alto Garda negli ultimi anni:

Nel 2001 l'allora Assessore all'industria e turismo Marco Benedetti si impegnò al rilancio del progetto di realizzazione di un campo da Golf 18 buche, pur opponendosi ai risultati ottenuti dal referendum cittadino del 1999, che si dimostrò nettamente contrario. 

Successivamente e dopo il tentativo di riproporre il golf a Tenno, venne realizzato al Ciclamino il primo campo a 3 buche, per la gioia dei membri dell'Associazione "45° Parallelo" presieduta dal Notaio D'Argenio. La speranza di vedere un campo a 18 buche però non è mai stata abbandonata e con l'avvento della Comunità dell'Alto Garda, insieme all'elezione del nuovo Presidente di Ingarda Marco benedetti (lo stesso nominato nelle righe sopra) si è ricominciato a parlarne. E mentre per Ingarda si potrebbero sviluppare non uno, bensì più campi da golf, da parte della politica di Comunità sembra esserci l'opportunità di riproporre il dibattito con i vari Comuni e le Associazioni di categoria, ripercorrendo dunque strade che in molti speravano cieche, ma che oggi ritornano in auge.
Insieme al malcontento dei primi soggetti perplessi da un progetto che rischierebbe di sviluppare un mercato turistico d'elite, iniseme alla deturpazione e privatizzazione di grosse aree verdi


 

 

 

Ed infine per riderci un pò su, alla faccia di tutti questi improvvisati amanti del Golf, chiudiamo con un bel video che riprende le prodezze golfistiche di alcuni principianti: se la mountain bike e il surf sono sport leggermente pericolosi beh, il golf lo è di più!! Buona visione... Lion Forrest (Tiger Woods bad brother)