giovedì 29 marzo 2012

L'EURO E' UNA TRUFFA? LA SOLUZIONE E' CAMBIARE VITA

Secondo il vicepresidente della Commissione europea Olli Rehn l'Euro appartiene alle banche e non ai cittadini. Significa che gli europei hanno rinunciato in massa alla sovranità monetaria. Se riconquistarla, per ora sembra difficile, ciò che possiamo fare è limitare di molto l'influenza del denaro sulle nostre vite, limitando così il potere di chi lo emette.

L'euro di chi è? Questa domanda tormentava Giacinto Auriti, professore di diritto e saggista, fra i fondatori della facoltà di diritto dell'università di Teramo. “Nel trattato di Maastricht non v'è una riga che spieghi a chi appartiene l'euro” spiegava il professore scomparso nel 2006. “Se ci verrà detto che appartiene i popoli, e che la Bce si arroga solamente il diritto di stamparlo, questo potrebbe essere accettabile, ma se ci viene detto che appartiene alla Bce sarà una truffa colossale”. Oggi ne sappiamo un po' di più, purtroppo.

Il merito è di due discussi europarlamentari italiani, Mario Borghezio e Marco Scurria. Già, lo stesso Borghezio che girava per i treni a disinfettare i sedili sui quali sedevano gli immigrati, che in gioventù apparteneva al movimento di estrema destra Jeune Europe, mentre Scurria fu presidente del Fronte della gioventù (Msi).

È un peccato che tematiche tanto importanti siano da sempre state relegate alle frange più estreme, xenofobe, violente della politica, portate avanti da personaggi così poveri politicamente e intellettualmente parlando, ma tant'è. Le parti politiche più vicine ai temi dell'uguaglianza e della giustizia sociale, dei diritti universali hanno la colpa storica di aver tralasciato una serie di questioni pratiche (su tutte la riflessione sull'emissione della moneta) che impediscono nei fatti l'applicazione di tutte le politiche che auspicano.

Ma torniamo a quanto avvenuto. Mesi fa Borghezio aveva chiesto per iscritto, con la prima interrogazione parlamentare sulla proprietà giuridica dell'euro, a chi apparteneva la moneta. Olli Rehn, vicepresidente della Commissione europea, aveva risposto che “al momento dell’emissione, le banconote in euro appartengono all’Eurosistema e che, una volta emesse, sia le banconote che le monete in euro appartengono al titolare del conto su cui sono addebitate in conseguenza”.
Dunque la proprietà della moneta è in prima istanza dell'Eurosistema, che altro non è che l'insieme della Bce e delle banche centrali nazionali. La moneta diventa dei cittadini solo in seguito ad un prestito da parte della banca. Così Scurria, dando voce alle perplessità palesate anni prima dal prof. Auriti, aveva preso spunto dal collega per chiedere alla commissione di “chiarire quale sia la base giuridica su cui si basa questa affermazione”.

Olli Rehn aveva allora fatto riferimento all'articolo 128 comma 1 del Trattato di funzionamento dell'Unione Europea, che recita : “La Banca centrale europea ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro all’interno dell’Unione. La Banca centrale europea e le banche centrali nazionali possono emettere banconote. Le banconote emesse dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nell’Unione.” Ma come si vede, nell'articolo in questione non c'è alcun accenno alla proprietà della moneta. La questione relativa alla proprietà dell'euro assume tutte le sembianze di una truffa.

Infatti, in assenza di una specifica legislazione sarebbe più logico ritenere che la proprietà della moneta appartenga ai popoli visto che sono loro ad attribuirgli valore, riconoscendola. Auriti illustrava questo concetto con l'esempio dell'isola deserta: se un banchiere va su un'isola deserta e stampa moneta, quella moneta non avrà valore. Inoltre la Bce non possiede in precedenza i soldi che presta, ma li crea nell'atto stesso di prestarli (ragion per cui ha poco fondamento la risposta di Rehn, che parla di due momenti distinti, emissione e addebitamento).

Ma perché, ci si chiederà è così importante a chi appartiene la moneta? Per varie ragioni. Innanzitutto perché l'atto di prestare è una prerogativa del proprietario. La Bce e le banche centrali ci possono “prestare” i soldi (dunque applicarci un interesse) solo se è appurato che esse ne sono proprietarie, mentre se già ci appartengono e loro si limitano a stamparli si dovrebbero limitare ad elargirli.

Ma questo, si dirà, vale anche per i paesi non appartenenti all'euro ma che comunque hanno banche centrali private che lucrano sull'emissione della moneta. È vero. Ma a peggiorare la nostra condizione vi è il fatto che non abbiamo, come stato membro dell'Ue, alcuna forma di controllo sull'emissione della stessa. Negli anni abbiamo perso, senza rendercene neppure conto, la nostra sovranità monetaria.

Un primo passo fu fatto nel 1981, quando si consumò lo storico divorzio fra Ministero del Tesoro e Banca d'Italia. Da allora la banca centrale italiana non fu più costretta a stampare moneta su richiesta dello stato per soddisfarne il fabbisogno, e l'Italia dovette mettere i propri titoli sul mercato finanziario. Bankitalia restava comunque un prestatore privilegiato. Adesso, con l'avvento dell'euro, non esiste più alcun prestatore di prima istanza privilegiato. È la Bce che, secondo l'interpretazione che la vede proprietaria della moneta, decide quanta prestarne e quando.

Ora, è evidente che abbiamo a che fare con poteri talmente forti che pensare di sconfiggerli, di cambiare il sistema intervenendo su di essi, è almeno azzardato. E spesso essere a conoscenza di truffe ed inganni di tale portata ha l'effetto contrario a quello che ci si auspica: induce allo sconforto, genera una sensazione di impotenza, di paura, imparità, ci fa apparire di colpo inutile ogni possibile azione.

Ma c'è qualcosa che possiamo fare, ed è molto più semplice di quanto pensiamo. Chiediamoci, perché chi emette moneta ha questo potere enorme su di noi? Semplicemente perché abbiamo permesso al denaro, che un tempo, nelle economie meno “sviluppate” aveva un ruolo relativamente marginale, e serviva solo a facilitare gli scambi laddove il baratto era impossibile, di penetrare a fondo nel tessuto sociale, e di regolare una serie crescente di fattori, fin anche i rapporti sociali.

Oggi il "libero flusso di denaro", vero e proprio slogan delle economie di mercato soprattutto nell'accezione neoliberista, regola ogni aspetto della nostra vita. Ogni cosa che abbia valore deve essere quantificabile in denaro e di conseguenza il denaro stesso è diventato, da strumento utile a misurare la ricchezza, un valore. Si capisce quindi come in una società del genere chi controlla l'emissione di denaro controlla ogni aspetto della nostra vita.

Ma questo potere può essere fortemente limitato se scegliamo di limitare il raggio d'azione del denaro. Ricreare un sistema alternativo che parta da noi, da chi ci sta intorno, dalla rete di rapporti solidali sul nostro territorio è il modo migliore per combattere una battaglia che altrimenti rischia di essere persa in partenza. FONTE: IlCambiamento

giovedì 22 marzo 2012

ARCO ECO DAY: LA BUSA CONSAPEVOLE PRESENTE!

Vi informiamo che La Busa Consapevole prenderà parte alla giornata dedicata all'ambiente Arco Eco Day domenica 25 marzo 2012. Saremo infatti presenti con un gazebo informativo dalle 10 alle 18, uno spazio concesso dagli organizzatori della manifestazione per pubblicizzare i temi e le attività che stiamo con gran fatica portando avanti. 

Una televisione con dei video presenteranno alcune critiche situazioni che il nostro pianeta sta attraversando dal punto di vista ambientale: deforestazione, inquinamento, incidenti e catastrofisprechi ed inefficienze, tutti aspetti che stano portando lentamente alla deriva la nostra società, ma soprattutto che rischiano di compromettere per sempre il nostro pianeta Terra. 


Inoltre avremo modo di presentare Upload, un progetto per giovani musicisti per cui la musica è il mezzo per favorire lo scambio e il confronto tra giovani di diversi gruppi linguistici e diverse culture musicali. E' prevista una tappa anche qui nell'Alto Garda, una serata che ci vedrà  collaboratori nell'organizzazione.

Inoltre abbiamo in progetto il III° Festival dell'informazione indipendente che dovrebbe svolgersi a Riva del Garda in date ancora da definire, un'occasione per legare cultura e divertimento, attivando preziose collaborazioni con le altre realtà ed associazioni locali.

Vi aspettiamo dunque per un saluto, per una mano, per una collaborazione o per un semplice incitamento a continuare a battersi per la salvaguardia dell'ambiente e del territorio in cui viviamo.

sabato 10 marzo 2012

VANDANA SHIVA AI GIOVANI ITALIANI: OCCUPATE LE TERRE COSI COME OCCUPATE LE PIAZZE

Mettere la terra nelle mani delle generazioni future è il primo passo, e se non lo faranno, seguendo la strada giusta, invito i giovani a occupare la terra così come stanno occupando le piazze. 

Così Vandana Shiva in una recente intervista pubblicata dal portale Navdanya International. Si discute di accesso alla terra e nello specifico della destinazione delle terre pubbliche, tra gli oggetti del decreto Cresci Italia che ne consente la vendita, mentre le associazioni degli agricoltori premono affinché siano affittate a costi agevolati ai giovani, per favorire il ricambio generazionale del settore primario italiano ed il rilancio dell’economia rurale. In Toscana il 40% degli agricoltori ha oltre 60 anni, il PIL dell’agroalimentare è di 3 miliardi di euro, con una posizione forte di vini ed oli sui mercati stranieri. Che fine farà questa ricchezza senza il passaggio del testimone alle giovani generazioni? 

Enrico Rossi, governatore della Toscana, propone di avviare una campagna di rivalutazione della figura dell’agricoltore partendo dalle scuole. Tornare alla terra. Ci pensa Rossi, ci pensano i greci, lo suggerisce Vandana Shiva. I Governi, dichiara, hanno fallito e dovrebbero ammettere il crollo del sistema economico attuale, rivolgendo questo messaggio ai giovani: 

Non abbiamo molto altro da darvi: abbiamo perso la capacità di darvi lavoro, sicurezza sociale e garantirvi un decente tenore di vita. Ma la terra ha ancora questa capacità, noi consegniamo le terre pubbliche agli agricoltori del futuro: provvedete a voi stessi. 

Ancora una volta Vandana Shiva ribadisce il profondo legame dell’umanità con la terra e le sue risorse, fonte di ricchezza, sostentamento, benessere, sviluppo sostenibile, equità sociale: 

Noi siamo legati alla Terra dal momento che ognuno riceve una giusta, equa e sostenibile parte di risorse: la biodiversità e i semi, il cibo che i semi ci procurano, la terra su cui possono crescere i cibi, l’acqua che scorre nei nostri fiumi e anche l’aria dell’atmosfera che respiriamo. La più grande sfida che dobbiamo fronteggiare oggi è quello che ho chiamato la rapina dei nostri beni comuni da parte delle multinazionali. I semi come beni comuni sono stati sottratti tramite la privatizzazione e brevettazione, l’acqua è stata privatizzata tramite leggi, la terra è stata privatizzata e rubata nei paesi poveri, in India, in Africa, ma anche nei paesi ricchi a causa dell’aggravarsi della crisi economica. Le vere forze che hanno generato la crisi, tramite una morte finanziaria, ora vogliono appropriarsi del benessere reale della società e del futuro, vogliono appropriarsi dell’acqua e della terra. Penso che in questo momento di crisi, di crisi economica, la terra è l’unico luogo in cui possiamo ritornare per ricostruire una nuova economia.Fonte: EcoBlog

lunedì 5 marzo 2012

ARCO: ABBATTUTE LE MAGNOLIE IN VIA S. CATERINA

Sembra che la moda del taglio delle piante nella cittadina arcense non abbia fine! 

Il misfatto ci è stato segnalato ad Arco, in viale Santa Caterina, dove si sta procedendo al taglio di 6 magnolie sane, perchè le radici hanno danneggiato alcune tubature sottostanti; la soluzione adottata è stata quella di estirpare il problema, appunto "alla radice", decidendo per l'abbattimento. Da alcune opportune verifiche è emerso che l'abbattimento delle piante, essendo queste su suolo privato e con diametro del fusto inferiore a 45 cm, non necessita di autorizzazione da parte dell'amministrazione pubblica. 

Rimane pertanto il dispiacere nel vedere l'ennesimo approccio invasivo ai danni di un verde che, seppur privato, faceva da velo ad un edificio di oltre tre piani fuori terra, dando inoltre respiro ad una zona ad alta intensità di traffico, con il rammarico per non aver trovato altra soluzione, come lo spostamento delle tubature in area più consona.

 

domenica 4 marzo 2012

SE QUATTRO CENTIMETRI DI "TAV" COSTANO COME UN ANNO DI PENSIONE

Cinquemila euro a centimetro. Ecco il costo per i chilometri di Tav che l’Italia dovrà costruire. Un’opera imponente, di cui si discute da vent’anni e che, periodicamente, torna di moda su giornali e tv per gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine in Val di Susa, senza mai, o quasi, che qualcuno si interroghi sulle spese o sull’effettiva necessità di una cosa del genere. 


Il costo complessivo dell’impresa, stimato sulla base di quanto abbiamo speso per le altre linee ad alta velocità realizzate nel Belpaese, dovrebbe aggirarsi sui 40 miliardi di euro. Ed è comunque una stima al ribasso: in un dossier presentato all’Ue nel 2006, il preventivo era di 17 miliardi, soltanto quattro anni dopo, un altro dossier raddoppiava le cifre: 35 miliardi

Per fare qualche esempio, 4 centimetri di Tav sono un anno di pensione, 3 metri equivalgono a una scuola materna con 4 sezioni, 500 metri è un ospedale da 1.200 posti, 226 ambulatori e 36 sale operatorie. Tanto per dire, poi, in Francia, per 140 chilometri di Tav, dei quali 33 a cielo aperto e 45 di tunnel, spendono 6.2 miliardi di euro. 

Tra l’altro, non sono pochi quelli che dubitano nel fatto che l’Italia abbia tutti questi soldi da investire e che, quindi, si renderà necessario chiedere soldi in prestito dalle banche, con conseguenze immaginabili in termine di interessi e debito pubblico, come se già non avessimo problemi del genere. Nel complesso, la nuova tratta dovrebbe occupare una lunghezza compresa tra i 254 e i 265 chilometri, poco meno della linea attuale, che di chilometri ne percorre 287, sfruttata al minimo e con un traffico di merci che, anno dopo anno, va scendendo. Questi numeri sono soltanto il risultato di un processo tragicamente noto a tutti: quello degli appalti, spesso distribuiti in modo poco trasparente e sui quali anche l’Antimafia ha espresso diversi dubbi. 

E’ una storia vecchia, ormai, le opere pubbliche in Italia arrivano a costare decisamente più che nel resto d’Europa, e senza che comunque la loro qualità raggiunga livelli appena accettabili. Oltre ai motivi ambientali, all’esproprio dei terreni e alla dubbia utilità economica della Tav (cioè, che senso ha percorrere la Lione-Torino in un’ora e mezza quando poi per arrivare in Calabria ci vuole, se va tutto bene, un giorno di viaggio?), bisogna anche considerare lo spreco di denaro pubblico che quest’opera porta con sé: l’Ue ancora non ha deciso se e in che misura finanziare l’opera e anche dall’altra parte delle Alpi le cose vanno avanti con estrema calma. Il 30 gennaio scorso, a Roma, è stato siglato un ennesimo accordo tra Italia e Francia “per la realizzazione e l’esercizio di una nuova linea ferroviaria Torino-Lione”. Un accordo che in molti hanno definito farsesco, inutile, addirittura dannoso per gli stessi ipotetici investitori che starebbero guardando con interesse alla Tav che attraverserà la Val di Susa. 

Il governo Monti – scrivono i No Tav sui loro blog – dimostra anche in questa vicenda una assoluta continuità con i governi Berlusconi e Prodi che lo hanno preceduto. Anni in cui i governi hanno venduto su quest’opera solo false notizie e fumo, ingannando un’opinione pubblica addomesticata che ora però è divenuta cittadinanza attiva. Se da un lato il movimento no tav in val di Susa è cresciuto oltre che in partecipazione anche in determinazione e lotta dall’altro lato a livello italiano ha saputo informare e aggregare, diffondendo verità e consapevolezza”. 

Alla base dei dubbi c’è proprio il primo articolo dell’accordo, nel quale si legge che “non ha per oggetto l’avvio dei lavori definitivi della parte comune italo-francese, che richiederà l’approvazione di un protocollo addizionale separato, tenendo conto in particolare della partecipazione definitiva dell’Unione Europea al progetto”. In sostanza, il progetto per la Torino – Lione c’è, ma mancano ancora i presupposti per farlo partire, con l’Ue che ancora non ha deciso se prendere parte all’impresa o meno. Dunque, da dove arriva tutta questa fretta di aprire i cantieri?

TORINO: CATTEDRALE OLIMPICA ABBANDONATA ED IMPIANTI MILIONARI NEL DEGRADO

Trampolini, pista di bob, slalom: "Impianti milionari nel degrado". Sulle rampe di lancio dei saltatori con gli sci si sono staccate due slavine


Un carte
llo affisso su una grata metallica che transenna l'ingresso dei trampolini olimpici di Pragelato avvisa: "pericolo valanghe, vietato l'accesso". Un monito più che reale: sulle rampe di lancio dei saltatori con gli sci, e sulla pista di atterraggio, si sono staccate due slavine. Si trova in queste condizioni, abbandonato a se stesso, lo ski jumping di Torino 2006 che ci invidia tutto il mondo.
 
Quando era stato costruito, s'era scelta - al posto di una struttura provvisoria da smontare dopo l'evento olimpico - una soluzione in cemento armato da 34,3 milioni di euro. E s'era disboscata mezza montagna per creare due salti da gara e tre da scuola, col fine di proseguire nel tempo l'attività agonistica, creare un vivaio di atleti dell'arco alpino occidentale. E affittare l'impianto alle squadre internazionali. Appena 47 mesi dopo le Olimpiadi torinesi, il trampolino di Pragelato è una cattedrale nella neve, abbandonato a se stesso, così com'è chiuso e inutilizzato il jumping hotel costruito alla base dell'impianto: un mega albergo da 120 posti letto. Suona a mo' di beffa lo striscione con le insegne del "Torino Olimpic Park" e la scritta "benvenuti!". Viaggio nei siti olimpici abbandonati a 4 anni dalle olimpiadi torinesi. 

Il caso dello ski jumping non è isolato: in effetti, tutti gli impianti alpini di Torino 2006 (il fondo sempre a Pragelato, il biathlon a San Sicario, il bob di Cesana costato 61,4 milioni che forse chiuderà alla fine di gennaio e le piste di discesa della Via Lattea), si trovano nelle stesse condizioni di abbandono. Su questi siti non si disputerà più nessuna gara: pur essendo, si può dire, ancora nuovi e fiammanti avendo appena 4 anni di vita, sono scomparsi dalla programmazione degli appuntamenti internazionali con grave danno per l'economia locale e l'immagine del comprensorio sciistico. È davvero uno scandalo, denuncia in una lettera aperta il presidente della Fisi Piemonte, Pietro Marocco, che "questi impianti olimpici siano sottoutilizzati o del tutto inutilizzati in queste condizioni di abbandono proprio nella stagione invernale, la più intensa dal punto di vista agonistico". Magra consolazione è il fatto che in estate, in pieno agosto, sia stata assegnata una gara del summer grand prix all'impianto di salto che ha un costo di manutenzione stimato in 1.161.226 euro. 


Sempre a Pragelato c'è, inutilizzata dal punto di vista agonistico, la pista olimpica di sci di fondo, un investimento di una ventina di milioni di euro per cablare i 10 chilometri dell'anello olimpico, mettere a norma la valle dal rischio alluvione, creare un lago per l'innevamento artificiale, l'acquisto di 12 cannoni sparaneve. Tutti questi costosissimi impianti non servono più a nulla: quest'anno, per la prima volta da quando esiste la pista, non si disputerà alcuna gara, né locale, né nazionale, né internazionale. Il sito olimpico, fiore all'occhiello del fondo nazionale, è declassato a banale pista turistica. Stessa sorte tocca, a San Sicario, all'impianto olimpico del biathlon. Lo stadio che ospita il poligono di tiro (l'unico autorizzato del Torinese), è sommerso e seminascosto dalla neve. Gli atleti del comitato Fisi, con una pista olimpica a disposizione, sono costretti ad allenarsi in altre province. Intorno al poligono, la pista del biathlon non è neppure battuta. Costo per la costruzione del sito, 25 milioni di euro. Stessa sorte tocca alla pista "Giovanni Agnelli" di Sestriere, simbolo delle gare di discesa, lo slalom speciale notturno. L'impianto di illuminazione, costato 7 milioni di euro, è spento. Sulla pista di Alberto Tomba - e sugli impianti olimpici alpini - è calato il buio. 
Fonte: Repubblica