sabato 25 aprile 2009

LA NOSTRA OSTENTATA ESIBIZIONE, IL LORO DOLOROSO SANGUE: IL COMMERCIO DEI DIAMANTI

L’ edonismo ci ha portato allo sfacelo, o per come la pensiamo, li ha portati.




Forse è proprio questa terza persona plurale a rassicurare l’essere umano ricco e occidentale. Ci tiene lontano, in una sfera asettica, quasi isolati dal vero mondo crudele e disastroso creato proprio dalla nostra ingordigia e dalla nostra brama ansiosa di apparire.
Il ricco è lì, agiato, sorridente e compiaciuto del suo nuovo capo d’abbigliamento, del suo nuovo monile prezioso, della sua opulenta vita da sfoggiare agli altri, perché non esiste battaglia più furiosa di quella fatta a colpi di banconota.


Addentriamoci nel particolare. Parliamo delle pietre preziose, i diamanti ad esempio.
Analizziamo la parola “prezioso”, sinonimo di valore, di un costo elevato, di un orgoglio da vantare; su molti dizionari trovi scritto: “costoso, di grande valore materiale, volutamente ricercato”. Continuiamo questo gioco etimologico, addentriamoci nei significati dei termini, smembriamo le parole che noi, esseri umani, abbiamo creato (e che forse con il passare del tempo abbiamo pure dimenticato): “materiale” ossia “composto da materia, che concerne l'aspetto apparente, contrapposto allo spirito” qualcosa di puramente passeggero dunque, ben lontano dai valori e dalla idea di immortalità a cui il pensiero umano ambisce.
Ecco, svelato l’arcano (non poi così difficile con uno spirito critico). Ogni pseudo giustificazione alla esibizione e allo sfoggio di questi “sassi” (non vedo differenza alcuna –nda) inizia a vacillare; quello che seguirà, se letto con lo spirito morale e critico che ci dovrebbe contraddistinguere e differenziare dalle macchine, le dovrebbe demolire del tutto.

Parliamo della guerra dei diamanti.
Dagli inizi degli anni Novanta in gran parte della zona sub sahariana che si affaccia sull’atlantico (come Angola, Liberia, Sierra Leone, Repubblica democratica del Congo) si svolge una orribile guerriglia sanguinosa quanto invisibile ai nostri occhi.




I gruppi armati di ribelli, fomentati dai signori della guerra, hanno trovato un ottimo canale per ricevere le armi che celano il potere, il controllo sulle loro terre. Le scambiano con i diamanti, appunto.




Costringono le popolazioni locali a lavorare schiavizzate e torturate nella ricerca di queste pietre, perché il terrore è la motivazione più efficace perché il lavoro sia fatto bene e alla svelta.
Il fratello africano forse nemmeno sa a cosa servano queste cose rilucenti, forse pensa siano cibo, o materiale per costruire, spera che almeno servano a qualcosa di utile. Ma più probabilmente non se lo domanda affatto, perché il pensare toglie del tempo al lavoro, e lo scansafatiche non ha vita lunga laggiù.









I dati, riassunti da Amnesty International, sono i seguenti: solo in Sierra Leone (dove si riesce ad investigare) questa guerra ha causato più di 370.000 morti, molte centinaia di migliaia di arti mutilati (“manica lunga o manica corta?” chiedevano gli aguzzini alle vittime), stupri, sparizioni, rapimenti e arruolamenti forzati di bambini e milioni di sfollati (i villaggi nei pressi delle zone diamantifere vengono rasi al suolo così da non permettere il loro sfruttamento da parte di altri cercatori).
Il tutto illegalmente, manco a dirlo. Il tutto con aziende europee e americane, manco a ridirlo.
Nel dicembre del 2000, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha mostrato al mondo il legame diretto tra il commercio illegale dei diamanti e i massacri nel continente africano. Il 2000 è anche l’anno del “Processo di Kimberley” (dalla città sudafricana dove si riunirono i membri delle organizzazioni diamantifere mondiali), entrato in vigore nel 2003. Consiste in una certificazione del commercio dei diamanti che ricrea il percorso di ogni pietra dal negozio al luogo di provenienza, così da garantire che il diamante è "conflict-free", ossia lavorato senza conflitto.
Nell’autunno del 2004 Amnesty International e Global Witness hanno effettuato una inchiesta per verificare il funzionamento di queste norme. I risultati, senza grosse sorprese, sono stati alquanto deludenti: solo in Svizzera (che segue l’andamento di molti altri paesi europei) circa 500 negozi sono stati implicati nell'inchiesta, solo 56 hanno risposto, e tra questi solo 11 hanno dichiarato di richiedere sempre il certificato “conflict-free” e solo 7 emettono insieme alla fattura una garanzia scritta per il loro cliente. Una buona media, non trovate?

Questo articolo porta solo un’infarinatura generale, basandosi su materiale reperibile in vari siti internet e da libri facilmente trovabili da qualsiasi rivenditore: un altro esempio di come la non curanza, la superficialità e la forzata e voluta cecità dell’essere umano che vive nel totale benessere possa eclissare fatti così crudeli, inumani e purtroppo quotidiani che avvengono sul nostro Pianeta.





Quel diamante, quella pietrucola luccicante che sta sul vostro dito o intorno al vostro collo, incastonata in un monile di stupida appariscenza, racchiude in sé ettolitri di sangue umano, brandelli di carne e arti amputati di nostri fratelli, inconsapevoli che il loro dolore e la loro vita distrutta servano per un insulso vanto, per un semplice “mi piace, lo voglio”.



Non è uno sfogo destinato a rimanere tale, è pure un monito, un “ricordiamoci che” sulla nostra “amata” Terra non esistiamo solo noi, e che ad ogni nostro gesto corrisponde un’azione passata, presente o futura (che troppo spesso si riflette su altre persone, sicuramente più innocenti e inconsapevoli di noi).

Nessun commento:

Posta un commento